Lanzarote è stata una scoperta inattesa e i suoi colori, il cambio continuo e repentino di paesaggi, sommati alla presenza delle opere di Manrique sono stati intensi quanto la vicinanza tra il fuoco dei vulcani e l’acqua dell’oceano.
L’isola della Canarie ci ha accolti con vento e pioggia, ma anche con una serie di luoghi e colori che a memoria non riesco a ricordare in nessun altro luogo visto fino ad oggi.
Non è la prima volta che ci innamoriamo di un’isola e di quello stato, prima di tutto mentale, che viviamo su un tratto di terra bagnato dalle onde lungo tutto il suo perimetro.
Qui a dare spettacolo c’era l’Oceano e c’erano i paesaggi che tante volte si sono trasformati nel set ideale per film ambientati nello spazio e, se dovessi in due parole raccontare perché andare a Lanzarote, direi per i paesaggi al limite del teatrale e per le opere di Manrique.
Qui il paesaggio non è uno ma sono tanti quanti gli occhi sono pronti ad accoglierne: le sfumature dei colori della terra, dal nero al rosso, il cielo dal rosa al grigio, l’acqua dell’oceano e il fuoco del vulcano. La somma di tutto questo porta ad avere un’immagine ancora troppo parziale per cogliere le sfumature di un’isola che sembra essere sempre diversa da se stessa.
Alla poesia della natura incontaminata si affianca quella addomesticata dall’uomo ma nonostante la visita al Parco nazionale di Timanfaya sia programmata per essere turistica dall’ingresso all’uscita – qui il giro è in pullman e non è possibile scendere – quel paesaggio tanto vicino a quello che ci hanno raccontato di Marte è un pugno allo stomaco di bellezza. Sembra di essere lontani anni luce da casa propria, la poesia e la forza della natura si lasciano sfiorare senza poter essere toccata.
Le spiagge sono ognuna un mondo, dove non sarà difficile vedere la sabbia nera o rossa, con i surfisti pronti per l’onda perfetta o totalmente deserta.
E quando vi sembrerà di aver già visto abbastanza avrete ancora molto da vedere, a Lanzarote non c’è solo l’oceano, non ci sono solo paesaggi extraterrestri ma ci sono anche le colline nere de La Geria, dove i vigneti vengono coltivati su terreni vulcanici, protetti dal vento da muri di pietre laviche. C’è qualcosa di surreale in questa area dell’isola destinata ai vigneti, dove la coltivazione è possibile nonostante il vento e la vicinanza all’Africa ma grazie all’umidità dell’Atlantico.
In pochi giorni abbiamo visto paesaggi incredibili, più simili ad una scenografia cinematografica che alla realtà, tra il sole che scaldava la pelle e il vento che non lascia via di fuga.
Alla poetica dell’isola si somma il segno lasciato da César Manrique a Lanzarote, una serie di opere uniche da vedere una dopo l’altra fino a farne un’indigestione:
Mirador del Rio, Carretera de Yé S/N HARÍA, 35541 Lanzarote, Las Palmas, Spagna;
Cueva de Los Verdes, 35542 Arrieta, Provincia di Las Palmas, Spagna;
Jameos de Agua, Carretera Arrieta-Órzola, S/N, 35542, Las Palmas, Spagna;
Jardin de Cactus, Av. Garafía, 35544 Guatiza, Las Palmas, Spagna;
Museo Lagomar, Calle los Loros, 2, 35539 Nazaret, Las Palmas, Spagna;
Fondaciòn Cesar Manrique, Calle Jorge Luis Borges, 16, 35507 Tahiche, Las Palmas, Spagna;
Casa / Museo César Manrique, Calle Elvira Sánchez, 30, 35520 Haría, Las Palmas, Spagna.
In pratica di buoni motivi per scoprire quest’isola dai paesaggi cinematografici ce ne sono davvero tanti.
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