E’ come entrare in contatto con un mito, solo che questa volta non si tratta di una rock star, parliamo di un edificio in carne e ossa. In carne e ossa perché sembra di toccare la vita di chi quella casa studio l’ha prima pensata e poi animata con i pranzi in cucina e le colazioni in giardino, con il rumore dell’oceano come sottofondo.
Siamo in California, dopo alcuni giorni a Los Angeles e prima di spostarci a Palm Springs per la Modernism Week, abbiamo un appuntamento fissato per le dieci e l’indirizzo è 203 Chautauqua Boulevard Pacific Palisades, CA 90272.
Nell’aria un misto di agitazione e felicità, lo stesso che si prova prima di un concerto che si aspetta da mesi o forse anni.
La Eames House campeggia nella mia lista di posti da vedere prima o poi nella vita da anni e quella mattina, con il caldo di una giornata californiana e l’entusiasmo di una bambina la mattina di Natale, abbiamo preso la nostra macchina, lasciato alle spalle lo Standard Hotel, impostato il navigatore per arrivare, almeno questa volta, puntuali.
Avevamo tutte le indicazioni del caso, ci avevano anche detto dove parcheggiare e abbiamo fatto proprio così, non avevamo voglia di sbagliare nulla e di lasciare nulla al caso.
Ci sono dei momenti in cui sembra di toccare con mano la passione per il lavoro che si è scelto di fare nella vita e io, all’interno della Eames House, con la nipote dei coniugi Eames che mi raccontava la storia di quella casa e dei suoi nonni, ho avuto la sensazione di essere nel posto giusto.
C’è una componente emotiva, irrazionale, che viene amplificata dall’esperienza e, leggendo tra le righe della storia di queste due icone Mid Century, si scopre che sono stati progettisti ma ancora prima una coppia, visionari e sperimentali, con una casa ma prima di tutto una casa studio.
Non è stata una visita guidata al museo con tanto di auricolari per ascoltare la descrizione di ogni quadro, qui siamo entrati in una casa e lo abbiamo fatto in punta di piedi, o meglio senza scarpe, perché la prassi prima di entrare all’interno della Eames House vuole che vengano tolte la scarpe e indossate solo le calze.
A raccontare ogni angolo, ogni oggetto, c’era la nipote di Charles e Ray Eames, e dall’altro lato c’eravamo noi, con in testa tutto quello che avevamo letto prima di partire, con le foto viste da paragonare finalmente alla realtà.
Per questo e per mille altri motivi in casa nostra, nel simple flair APARTMENT, ci sono non uno, non due, ma tre oggetti-icona disegnati dagli Eames e tra i libri sempre pronti ad essere aperti ce n’è uno dedicato proprio a quella casa tra il verde e l’azzurro della California.
Per questo e per altri mille motivi abbiamo instaurato una partnership per il simple flair Apartment con Vitra, che oggi detiene i diritti per la produzione dei progetti che hanno fatto la storia del design, e sono firmati dagli Eames, ed è sempre con Vitra che abbiamo visitato la Eames House.
All’ombra degli alberi che circondano la casa, con la vista sull’oceano, il caldo della casa, il rumore dei cassetti aperti in cucina, quel misto di soggezione e voglia di assorbire ogni parola, tutto questo è stata la nostra visita alla Eames House meglio conosciuta come case Study House No. 8.
Una storia che abbiamo letto tante volte e entrare in quella casa significa immaginare le scene che hanno caratterizzato la sua storia e quella dei coniugi Eames: il trasloco la vigilia di Natale del ’49, le notti passate al buio ad ascoltare l’oceano, i pic nic in giardino quando tutto doveva essere ancora costruito ma avevano già capito che la loro casa dei sogni sarebbe stata lì, su un promontorio alto 50 metri sull’oceano.
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Photo Credit: simple flair