Come si sceglie il nome per un nuovo brand, un’azienda, un magazine o una band musicale? Le teorie ci sono e sono tante, dalla casualità allo studio affidato a creativi specializzati in naming, ognuno sceglie la propria strada.
La storia è però del tutto diversa quando il nome va dato ad un progetto che poi, chiedete ad un designer/architetto, è come un figlio.
Tra i nomi più riusciti di sempre c’è un lungo elenco di nomi propri usati per un progetto, come la poltrona Luisa di Albini o Gilda di Mollino, si entra nel mondo del ricordo, quello di un nome associato ad un viso o di un nome che lascia immaginare il mondo che circonda ogni persona, con abitudini e passioni.
Luisa per me è una zia colta, Gilda è un’amica estroversa. Come posso dimenticare un prodotto che ha il loro stesso nome?
Lo stesso discorso vale per il progetto di una casa, la dimensione domestica in quanto tale deve essere accogliente, calda, fatta di storie di persone e non solo di oggetti.
Per capire un esempio pratico: Duearchitetti progettano la Casa di Andrea.
Trovo geniale il nome dello studio duearchitetti che, all’inizio del loro percorso, erano semplicemente due architetti e che per la casa di Andrea non abbiano scelto una sigla o dei concetti astratti: già dal nome ci hanno portati nella vita di chi quella casa la vive ogni giorno.
Il nome di un progetto deve essere facile da ricordare, empatico e meglio se corto ma il suggerimento è anche un altro: leggere Fantasia di Munari apre finestre creative infinite, applicabili ad un progetto o ad un nome, ed è il libro che ogni designer dovrebbe avere sul comodino.
Credits: Zanotta, Cassina, duearchitetti.